Chicken Nuggets
I polli di quattro settimane sono prelevati dal capannone, caricati sul camion, impilati nella zona di deposito, storditi con il biossido di carbonio e lavorati. Vengono tagliati a pezzi, mescolati con l’impasto, frullati. Sparati su un nastro a forma di pepite, impanati e surgelati. Nel fast food vengono gettati nell’olio bollente, ripescati, adagiati sulla carta assorbente. In un box ce ne sono otto, la maionese e il ketchup sono in omaggio. La rider bagnata di pioggia suona al campanello di Amedeo Garli, settimo piano. Prende l’ascensore e sbarca sul pianerottolo, dallo zaino umido estrae l’ordine e glielo porge, un box bello caldo e pieno. Lo guarda, per un istante. Non arriva a un metro e sessanta di altezza, ha le guance flaccide e sbarbate, il mento sottile e un’acquosa espressività negli occhi. Anche lui la osserva. La ragazza avrà appena vent’anni, i capelli castani raccolti dietro la nuca, i jeans attillati che lasciano intravedere le gambe snelle. Mentre si volta per andarsene, le dice: «Aspetta. Vieni qui», ma lei accelera il passo, senza nemmeno attendere la mancia. «Torna qui un attimo…»
Amedeo rientra in casa, sovreccitato e scontento. Stringe tra le mani il box di chicken nuggets, l’unghia dell’indice destro, che è più lunga delle altre, preme contro il cartone fino a sbiancarsi. Si abbandona sul divano del soggiorno, che non è cambiato di una virgola dalla morte della madre novantenne, avvenuta un anno prima, ex proprietaria e unica arredatrice dell’appartamento. Cerca a tastoni il telecomando, accende il televisore e trova un programma di intrattenimento. Il presentatore abbronzato, con i capelli tinti, commenta bonariamente le ultime risposte dei concorrenti. Oggi si sfidano, in una serrata battaglia di quiz, Erminia, cinquant’anni, da Milano, scarpe viola con il plateau, e Aldo, trentacinquenne, una testa calva sopra a un mobile collo da oca. Dietro di loro, in piedi come statuine, una fila di ragazze che sorridono. Petto e ali, il cellophane della tv incarta i loro corpi. La concorrente sbaglia, una scritta al neon si illumina, il pubblico commenta. La telecamera si sposta su due delle ragazze, che tenendosi a braccetto vanno ad occupare il centro della pista. Parte una musica forsennatamente allegra, che loro cantano in playback iniziando a muoversi. La macchina da presa risale dai sandaletti con il tacco fino alle cosce. Amedeo addenta la prima crocchetta. Giovanissime, toniche, le ragazze mettono un piede davanti all’altro, facendo oscillare le gonnelline inguinali. Amedeo struscia gli occhi contro i loro candidi ventri, risalendo fino alle strisce di stoffa che fasciano i seni da diciannovenni. Ballate, giratevi, ancora, ancora, le perline di plastica brillano sotto ai riflettori che gli mostrano tutto quelle che desidera. La musica si interrompe e le due ballerine rimangono immobili e sorridenti come se non avessero fatto alcuno sforzo. Il presentatore applaude e le invita a ritornare ai loro posti. Si passa al turno successivo del quiz. Amedeo pianta le mani unte sui cuscini del divano e si alza. Va in cucina e butta il box di carta vuoto in un secchio pieno di altri contenitori identici. Domani ordinerà ancora, alcune rider si avvicinano, dopo una lauta mancia gli concedono un sorriso. Nel piccolo gabinetto che sa di fogna lascia uno stronzo lungo, marrone chiaro. È l’effetto del fast-food.
Torna in sala, il programma è finito. Guarda il presentatore che abbraccia le ragazze e saluta le telecamere. Fa zapping. Le modelle che pubblicizzano profumi sono avvolte nell’oro e nel velluto, le attrici che lamentano disturbi intestinali indossano magliette attillate. Tra circa un’ora trasmetteranno per la centesima volta le puntate registrate del telefilm tedesco che sua madre guardava sempre il martedì sera. Gli viene voglia di una coccola.
Nel sottoscala dell’appartamento, c’è un congelatore molto grande, acquistato vent’anni prima da sua madre per i maialini da latte o i grossi tagli di carne. Amedeo si pettina i capelli con il palmo della mano, si rassetta velocemente la maglietta, percorso da una punta di emozione.
Dentro, i lunghi capelli biondi sono ricoperti di brina e gli occhi blu, impiastricciati di mascara, sono sbarrati e immobili. Le cosce sottili incrostate di sangue, come i seni, la bocca e il collo. Amedeo ha utilizzato il coltello trinciante. Lo ha affondato nella carne, ha inciso le zone del corpo che voleva sue. La sua Simone.
Mesi prima, l’algoritmo delle sue ricerche lo ha portato a finire per caso su un sito di scambi internazionali per ragazzi alla pari. Gli è apparso un catalogo di candidati interessati a partire per Roma, quasi tutti fra i sedici e i venticinque anni. È stato indeciso per un’intera serata fra Andrette e Simone, ma alla fine gli occhi blu e la frangetta dorata lo hanno conquistato. I colloqui online si sono svolti senza troppe difficoltà, attraverso la telecamera Amedeo ha guardato Simone, pregustando il momento in cui sarebbe stata sola con lui. La straordinaria possibilità di girare il mondo, con un alloggio gratuito, nella più bella Capitale d’Europa. Imparare la lingua all’estero, farsi un’esperienza, viaggiare.
Dopo qualche settimana, Simone è arrivata per posta con un cappottino color pervinca che lo ha quasi commosso. Gli ha portato in dono una selezione di foie gras, indovinando la sua passione per i derivati dei volatili.
Lui in cambio le ha destinato la stanza che era stata della vecchia madre, il lettone di legno scuro con il materasso sfondato e le coperte infeltrite. Cani e maiali di porcellana come soprammobili, le foto di Amedeo bambino alle pareti. Ogni sera, per un mese intero, le ha dato la buonanotte, per poi correre in bagno sognando di profanarla, sfondarla fino a farla soccombere. Simone si rannicchiava per terra per strizzare lo straccio, si piegava per inserire la spina dell’aspirapolvere nella presa, abbracciava il cesso per grattare via le incrostazioni. Diplomata nel paesino del sud della Francia dove era nata, accudita da genitori un po’ soffocanti, sperimentava ora una nuova vita all’insegna del cambiamento. Roma, Colosseo, Fontana di Trevi, ah l’Italie! Amedeo non era contento di vederla uscire di casa, quando Simone indossava stivaletti e cappotto le indicava, imbronciato, i panni da lavare. Una settimana fa, però, Simone è voluta uscire lo stesso, si è incaponita a voler vedere le Terme di Diocleziano con una visita organizzata per studenti erasmus e ragazzi stranieri. È tornata con un odore nuovo addosso e si è sdraiata sotto le coperte eccitata e sognante. Amedeo ha scelto quel momento.
I polli da fare a pezzi si posizionano sul tagliere con il petto rivolto verso l’alto. Le zampe vengono separate dal corpo, flettendole a partire dal punto in cui si collegano all’osso del bacino. La pelle viene incisa con coltelli trincianti. Le articolazioni si spezzano piegandole all’altezza della curvatura. Partendo dal collegamento tra petto e schiena, con un taglio a sega si staccano le costole. Le lame scorrono lungo l’osso centrale, viene prelevata man a mano la carne. Si allontanano le ali dal corpo e si incide la cartilagine sulla giuntura, quindi le si piega e le si taglia in due.
Sul lettone della madre ora Amedeo ricompone il corpo, l’ordine è leggermente inatteso. Qui una gamba risulta più magra, lì più gonfia. Le forme dei due seni si sono fatte irregolari. Ha fatto defluire gran parte del sangue ma qualche goccia ancora si scioglie, macchiando le coperte polverose. Amedeo ci si tuffa, in quel pot pourri di ragazza, sfrega e si consola finché non è ora di rimettere Simone a dormire. Quando finisce, prova una punta di appetito. Ordina dell’altro pollo, in pepite dorate a forma di cuore. Accende di nuovo la tv e si mette ad aspettare che il cibo arrivi. Tiene solo la testa di Simone sul divano di fianco a lui. Le accarezza i capelli con nostalgia. Tra qualche giorno dovrà far sparire il corpo.
Il rider che bussa alla porta stavolta è un ragazzo dai grandi occhi castani. Amedeo è in mutande e canottiera, si è dimenticato di rimettersi i pantaloni. Crede sia per questo che il rider sbarra gli occhi, con un’espressione strana sul volto. Vorrebbe fargli una battuta, si massaggia il cazzo, ma quello è già sparito lungo la rampa delle scale. Pensieroso, rimane appeso qualche istante alla porta. Poi si volta. Gli occhi di Simone implorano il soffitto, il suo viso è una macchia di cera sciolta in bella vista davanti all’ingresso. Butta i chicken nuggets per terra, li pesta. Esce dalla porta ma non ha addosso i pantaloni, torna indietro, se li mette incespicando. Scende in strada, sotto la pioggia. Guarda a destra e a sinistra ma il ragazzo è scomparso. Torna al settimo piano, l’ascensore è lento e lo fa innervosire. Ha fretta. Quando arriva sul pianerottolo, spinge la porta ma è chiusa, si fruga in tasca per cercare le chiavi. Le ha dimenticate dentro. Percepisce un rumore ovattato alle sue spalle, intravede un movimento dietro la toppa dell’appartamento di fronte. Si guarda la canottiera. Ci sono macchie di olio, di acqua, di sangue.
Quando arriva la polizia, Amedeo è sparito. La vicina di casa dice di averlo visto “mezzo nudo, sul pianerottolo”. Il rider ripete più volte che era “una testa, una testa di donna, una testa, proprio una testa”. I giornalisti arrivano, fotografano le scale, il condominio. Riprendono la vicina in vestaglia, nel montaggio la sovrappongono a riprese dell’esterno del palazzo, la strada antistante, foto trovate online di Amedeo Garli, brandelli della sua vita privata, faceva l’informatico, dopo la morte della madre viveva solo. Si arriva a contattare la famiglia di Simone. È un giornalista a dare la notizia alla madre, su un social, in chat. “Ta fille est morte.” Gli screenshot della conversazione finiscono online, lo sgomento, il dolore. Ci si chiede quali siano state le responsabilità del sito di scambi internazionali, cosa si offra oggigiorno ai nostri ragazzi, alle nostre ragazze. Si fotografa il loculo dove Simone alloggiava, che è anche la scena del crimine, le macchie di sangue sulla coperta. Le pile di box vuoti in un angolo della cucina, i chicken nuggets calpestati sul pavimento. Il tutto viene compattato in una notizia da due minuti durante il telegiornale, prima di un programma di intrattenimento a quiz.
Le braccia della diciannovenne vengono estratte dal congelatore, prima la sinistra, poi la destra, e sono senza mani. Il corpo è ben conservato e riporta centinaia di tracce dell’assassino. Peli, impronte, saliva, liquido seminale. Il coltello trinciante viene rinvenuto e manipolato salvaguardando l’integrità delle tracce. Il cadavere, o meglio le varie parti del cadavere, possono essere rimosse, avvolte in sacchetti protettivi e portate via. Viene redatto il verbale, con la descrizione completa del luogo dell’evento e dello stato della salma, si elencano i prelievi effettuati e i reperti. Si esprime un’ipotesi sulla valutazione del significato complessivo dell’evento che aspetta di essere confermata.
Le ragazze in costume nel programma di intrattenimento continuano a ballare. Non hanno mai smesso. Alza la gamba, muovi le anche, stacca l’osso. Ogni tanto una spalla si sloga, un tacco si spezza, una coscia riporta il segno di un morso. Indossano costumi da bagno argentati e stivali in stile cow-girl. Il ritmo è frenetico, danza caraibica, canzone d’amor.
Un uomo chiuso in una stanza le guarda. Muove le pupille, su e giù, al ritmo della musica. Nei suoi occhi le ragazze diventano pepite, nuggets fragranti ordinabili tramite app. Polli saporiti, di quattro settimane, che si tuffano nell’olio bollente in una meravigliosa coreografia, gli spruzzi sono ambrati, le briciole di pan grattato si fanno perline luccicanti sotto ai neon del fast food. Le crocchette a forma di cuore vengono imbustate, impacchettate, un’ala si stacca, un petto si schiaccia. L’uomo nella stanza si lecca le labbra. Quando suona il citofono, si alza per andare ad aprire.
Natalia (con l’accento sulla i) Guerrieri è nata nel 1991. Si è laureata in Lettere e in Italianistica a Bologna e si è diplomata in Drammaturgia e Sceneggiatura all’Accademia Silvio D’Amico, presentando un romanzo come tesi finale. Ha vissuto a Modena, Parigi e Roma, città che si mescolano spesso nei suoi racconti. Oltre alla prosa, scrive per il teatro e per il cinema.