Il libro di X – Sarah Rose Etter

Romanzo vincitore del premio Shirley Jackson Awards for Novel nel 2019
Finalista al Believer Book Award e altri premi
Uno dei migliori libri del 2019 secondo Vulture, Entropy, Buzzfeed e Thrillist

Cassie è nata con il corpo annodato, così come sua madre e sua nonna prima di lei. Dall’adolescenza emarginata in paese, con la famiglia che vende la carne estratta da una cava, all’età adulta in cui cerca di mimetizzarsi nell’anonimato della città, la sua vita è caratterizzata da un costante conflitto con il proprio corpo, con gli uomini e con la società, e da un desiderio di dolcezza in un mondo ruvido e scostante. Il libro di X rappresenta una realtà di una bellezza inquietante, che estende i problemi di una donna in forme surreali e distorte, una lanterna magica che proietta immagini visionarie di fiumi di cosce, campi di gole e negozi di uomini segati a metà.

Traduzione di Stefano Pirone.



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16,00

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Descrizione

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“Etter denuda in maniera brillante e feroce cosa significa essere una donna nel mondo, cosa significa provare una sofferenza, una necessità, un desiderio così grande da consumare ogni cosa.” – Roxane Gay

“Ho amato ogni pagina di questo romanzo meraviglioso, grottesco e commovente.” – Carmen Maria Machado

“Arguto e incisivo, questo libro taglia in profondità nel debole cuore della mistica femminile. Etter è una chirurga.” – Amelia Gray

“Sarah Rose Etter è una visionaria. […] La prosa di Etter scava tramite le emozioni e migliaia di immagini indimenticabili. Queste si annodano tra loro sempre più in profondità nelle tue budella. Probabilmente ci vorranno anni per asportarle.” – Scott McClanahan

“Conciso, macabro, con ferite elettriche, Il libro di X ti staccherà la testa mentre guardi fisso nei suoi occhi.” – Blake Butler

“Il debutto ultrastilizzato e surreale di Etter proietta un riflesso che, come lo specchio di un luna park, evidenzia abilmente i difetti dell’umanità. Il romanzo di formazione di Etter aggiunge intrighi mentre si tramuta nel ritratto di una giovane donna alla deriva.” – Publishers Weekly

“Uno sguardo inesorabilmente originale su quel che significa esistere in un corpo femminile.” – Kirkus Reviews

Informazioni aggiuntive

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Collana

Pagine

390

Formato

Cartaceo, copertina morbida, 12,5 x 19,5 cm

Anno di pubblicazione

2021

Incipit

(Primo capitolo da “Il libro di X” di Sarah Rose Etter. Traduzione di Stefano Pirone.)

Sono nata annodata come mia madre e sua madre prima di lei. Immagina tre donne con i loro toraci contorti come spessi pezzi di corda con un singolo viluppo al centro.

I dottori ebbero la stessa reazione a ogni nascita: sollevarono i nostri viscidi corpi contorti in aria e fissarono, inorriditi.

Tutte e tre vagimmo, strani nuovi animali dal lignaggio nodoso, dolorante, indurito.

Al di fuori, oltre le brillanti luci bianche dell’ospedale, la macchina del mondo continuava a far macinare i suoi ingranaggi, una bocca di metallo che mostrava i suoi denti, fauci che attendevano di serrarsi su di noi.

*

«Non sono religiosa, ma dannazione se ho pregato,» dice mia madre, espirando fumo sopra il tavolo della cucina. «Ho strofinato i rosari fino a consumarli affinché prendessi da tuo padre.»

Il nodo di mia madre poggia contro il tavolo della cucina. Nei miei momenti di tenerezza, voglio allungare una mano e posarla lì sopra.

«Ma non appena è spuntata la tua testa, l’ho capito,» dice mia madre. «Riuscivo a sentire il tuo nodo.»

Quando mia madre racconta questa storia, bevo a lunghi sorsi la mia limonata per restare tranquilla. So che ha urlato durante tutto il parto. Le ho provocato lo stesso dolore che lei ha provocato a sua madre.

«Tuo padre dice che ero diventata posseduta. I miei occhi si sono rivoltati all’insù nelle orbite.»

*

Ci sono 4500 diversi tipi di nodi. Di questi esistono 3800 variazioni di base. Ci sono un’infinità di modi di combinare questi nodi e le loro variazioni. In questo senso, i nodi sono come stelle.

Saremmo potute essere complicate: nodi barcaioli, a otto, a bandiera, piani, del cappuccino.

Ma i nostri nodi sono semplici: singoli. I nostri addomi si torcono dentro e fuori soltanto una volta, questi nostri corpi che si avvolgono in se stessi creando caverne buie, arrotolate come serpenti.

*

Nelle vecchie foto in bianco e nero, mia madre da giovane posa accanto a mia nonna. Entrambe celano i loro nodi al di sotto di camicette gonfie, in piedi e rigide su un prato grigio, le labbra grigie tese in sorrisi grigi sopra i loro denti grigi.

*

Gli Acri furono tramandati a mio padre da suo padre e dal suo prima di lui. Una piccola insegna nera con vernice bianca dice GLI ACRI laddove comincia la nostra terra.

Abbiamo una vecchia casa bianca e un fienile rosso ruggine. La nostra casa è tutta pavimenti in legno, finestre ad arco, lenzuola da lavare. Il nostro fienile è dove teniamo i macchinari dormienti.

Il resto del paese dista qualche chilometro da noi e dalla nostra terra. Siamo isolati. Alcuni giorni, soltanto la mia famiglia può vedermi, il che rappresenta la mia libertà – nessun nuovo sguardo fisso, nessun nuovo disgusto.

Gli Acri valgono soldi, questo è quanto dicono i miei genitori. Ed ecco perché: al limitare della nostra terra c’è la Cava di Carne. Lì, la carne viene raccolta dalle alte pareti di un canyon rosso e carnoso.

*

Io e mia madre sbrighiamo le faccende di casa durante il fine settimana. Mia madre è come il tempo, nel senso che cambia quotidianamente. Ogni giorno stilo un rapporto su di lei.

Oggi mia madre è sveglia e concentrata, mi istruisce su come si pulisce. Tutto dev’essere bianco, immacolato, brillante. Le macchioline di sporco la tormentano.

Un secchio di limoni è appoggiato ai miei piedi. Per prendersi cura di una casa, bisogna avere mani e pelle d’agrume.

«Ora fa’ come faccio io,» dice. «Adesso sei abbastanza grande per un coltello.»

Ho visto tutto: la sua schiena curva sul lavandino, il castano dei suoi capelli che riluce al sole, il grasso delle sue braccia che si gonfia in bozzi, il segare, poi le metà degli agrumi tra le sue dita, mezze lune gialle nei palmi delle sue mani, limone che sfrega sopra le pareti bianche.

Mi piego sul budello argentato del lavandino. Taglio i limoni diritto al centro, uno per uno, con le braccia che tremano contro il coltello mentre separo i piccoli cuori citrini.

Passo le metà gialle sopra le pareti bianche finché queste non luccicano, finché la casa non odora della carne del frutto, finché il succo di agrume non scorre nei canali dei miei letti ungueali masticati per poi bruciare.

*

Ogni giorno mio padre e mio fratello estraggono carne dalla cava da vendere in paese come faceva il padre di mio padre e suo padre prima di lui. I loro corpi scompaiono dall’erba verde degli Acri, le loro figure ingoiate dalla bocca sottile del lungo orizzonte.

Non ho mai visto la Cava di Carne, quindi la devo inventare sempre nella mia mente: gigantesche pareti rosse di carne striata di grasso come fosse marmo.

«Non è un posto per te,» dice mio padre. «Certe cose, una donna non dovrebbe vederle.»

Mia madre l’ha vista? Non lo so. 

«La carne è lucida e brillante?»

«Basta così. Sta’ lontana da quel posto,» dice mio padre. «Non è sicuro.»

Beve il suo liquore dopo cena, con gli occhi che si arrossiscono. La furia di mia madre pende sul bordo del tavolo, gonfiandosi con ogni sorso che lui manda giù.

«Non ne hai bevuto abbastanza?» chiede lei.

«Che odore ha la cava?» chiedo io.

«Di nuovo, basta,» dice perentoriamente. «Tutte e due, piantatela.»

*

Mia madre siede accanto a me sul mobilio in vimini del porticato. Abbiamo terminato le pulizie per oggi. Adesso è l’ora delle riviste.

Le riviste di mia madre sono portali luminosi su nuovi mondi. Le donne indossano abiti fantastici, i loro volti emettono bagliore dalle pagine.

Mia madre mi legge i nuovi consigli.

«Questa stagione, le donne hanno bisogno di denti più bianchi.»

Guardo i suoi denti, il loro giallore per anni di fumo.

«Un’altra tendenza sono le unghie di plastica. Ma guarda un po’ qui.»

Sulla pagina sulle sue gambe, un paio di mani affusolate regge un bicchiere di una bevanda gassata con una cannuccia. Le mani hanno lunghe unghie di un rosso acceso, luccicante, sensuale, più perfetto di qualsiasi cosa abbia mai visto.

Guardo le mani di mia madre, le sue unghie, che sono corte, non smaltate, più adatte a sfregare limoni sulla parete.

Il Sole comincia la sua grassa calata nell’orizzonte. Dal mio cuore gocciola una sottile tristezza per lei.

«Un giorno anche noi avremo denti bianchi e unghie rosse,» dico.

Poi ci invento così: i nostri denti splendenti, le nostre unghie rosse. Ci immagino belle, senza nodi.

*

Più tardi, nella mia camera, mi sfilo i vestiti e faccio l’inventario del mio corpo nel lungo specchio.

Ho braccia e gambe esili, capelli ispidi castani che scendono fin sopra le spalle. Ho occhi castani, piatti. La mia mascella è larga, le mie orecchie sono troppo grandi.

I miei seni sono piccoli e c’è un po’ di piattezza prima che inizino. Appena al di sotto delle mie costole, la pelle cambia. Il mio nodo è teso e attraversato da smagliature, lucido e duro.

Un tempo sussultavo quando lo vedevo, ma ormai è diventato familiare. Ho visto anche quello di mia madre mentre si cambia d’abito, attraverso un’apertura nella porta. I suoi seni pendono flosci sopra il nodo. In questo siamo diverse.

L’aria fresca penetra attraverso la finestra e scorre sopra la mia pelle, un piacere in quel tocco.

*

A volte immagino tutto diverso. Visioni luminose mi pervadono, scene da una vita dorata in un altro mondo.