Crapalachia: biografia di un luogo – Scott McClanahan

Traduzione di Sara Verdecchia

La terra della Crapalachia, il soprannome ironico che Scott McClanahan usa per i suoi Appalachi, è tutt’altro che soltanto rifiuti e rovine. In quest’ode alle persone e alla storia del West Virginia rurale, l’autore si concentra sui propri anni formativi, sui personaggi oltraggiosi e turbolenti dai quali è stato cresciuto: zio Nathan, nonna Ruby, Little Bill e una costellazione di individui strepitosi che sembrano voler spostare il mondo senza allontanarsi dall’ombra della loro veranda e dalle birre nel frigo. McClanahan vuole mettere il lettore a disagio e allo stesso tempo accoglierlo, farlo ridere e meravigliarlo. Le sue storie sono i ritratti autentici di uno stato considerato irreparabile da chi lo ha osservato solo a distanza e sono la prova che il sublime, sotto lo sguardo onesto e incrollabile dello scrittore, diventa vero e palpabile.

16,00

Disponibile

Descrizione

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Dicono di questo libro:

“Nessun altro libro così triste vi farà ridere così forte.” – The Rumpus

“Scott McClanahan è uno di quei rari scrittori che danno forma al credo di Kafka secondo cui un libro dovrebbe essere l’ascia che spacca l’anima ghiacciata della nostra interiorità. Crapalachia è tutt’altro che rifiuti e detriti. È in realtà un’ode spezzata e mezza cantata a un luogo e a un popolo e alla storia, una riabilitazione personale dalle falsità gettate sulle comunità rurali nella Virginia Occidentale.” – Ocean Vuong, Literary Hub

“La prosa di McClanahan è miasmatica, frastornante, ripetitiva. Un fiume in piena di parole che riflette il caos e l’umanità del luogo da cui proviene. McClanahan punta a prendere al lazo la luna. Non è uno scrittore dalle mezze misure. Questa è la sua sinfonia, ogni nota è progettata per risuonare, per trattenersi.” – New York Times Book Review

Crapalachia è un’opera genuina: intelligente, atmosferica, esilarante e assolutamente devastante. McClanahan si unisce a Daniel Woodrell e Tom Franklin come maestro cronista dell’America rurale arretrata.” – The Washington Post

Informazioni aggiuntive

Scritto da

Collana

Tradotto da

Pagine

192

Formato

Cartaceo, copertina morbida, 12,5 x 19,5 cm

Anno di pubblicazione

2023

Incipit

(Incipit del primo capitolo del romanzo “Crapalachia: biografia di un luogo” di Scott McClanahan. Traduzione di Sara Verdecchia.)

Breve storia della famiglia McClanahan

Erano in tredici. I bambini avevano nomi che finivano con il suono “i”. Quella notte non riuscivo a dormire, così presi gli album fotografici di mia nonna e studiai la storia del mio sangue e dei nomi che terminavano con il suono “i”. C’era Betty, e c’era Annie, e c’era Stirley, e c’era Stanley, e c’era Leslie, e c’era Gary, e c’era Larry, e c’era Terry.

Ruby diceva: «Mi piacciono i nomi che finiscono con il suono “i”».

Ed erano tutti cresciuti a Danese, in West Virginia, mangiando mirtilli a colazione e mirtilli a pranzo e guardando la neve che strisciava sotto la porta durante l’inverno. Porca puttana se fa freddo.

C’era mio zio Stanley, che non avevo mai sentito dire niente se non «Meeeeeeeeeeeeerda» e che una notte vidi in ospedale mentre parlava con un uomo di come lo stato del West Virginia avesse deciso di far indossare il casco a quelli che guidavano il quad. Questa storia lo aveva fatto parecchio incazzare e all’uomo disse: «Permettono che gli omosessuali si sposino e io non posso neanche guidare il mio quad senza indossare il casco».

Voltai pagina e c’era una foto di mia zia Betty. Un giorno venne da noi e si sedette al nostro tavolo per raccontarci quello che aveva combinato Elgie. Non riuscì a trattenersi. Ci disse di come lui stesse cercando di ottenere la sua pensione dalle miniere, ma prima di riuscirci avrebbe dovuto lottare per un paio di mesi. Aveva ricevuto una lettera che diceva: “Caro signor McClanahan, ci dispiace informarla che al momento non siamo in grado di approvare la sua richiesta. La preghiamo di inviare la sua risposta entro sette giorni e fisseremo un’altra udienza”.

Elgie non aveva detto niente. 

Aveva preso la lettera e l’aveva portata con sé al cesso per pulircisi il culo. L’aveva rimessa nella busta, sigillata e spedita indietro. Mia zia Betty ne parlava come se quella fosse una reazione sensata. Raccontava questa storia ai suoi figli di quattro, cinque e sei anni, e ai suoi nipoti di otto anni. Questa per lei era una storia accettabile da raccontare a dei bambini di otto anni. 

Stavamo imparando.

C’era mio zio Leslie, che era un vero duro. Quanto era duro? Una volta lo chiesi a mia nonna e lei me lo raccontò. Mi raccontò che c’era un tipo conosciuto come L’Uomo Più Duro Della Contea Di Fayette, un ex detenuto che picchiava a sangue chiunque gli creasse problemi. Un giorno, Leslie e L’Uomo Più Duro Della Contea Di Fayette si scontrarono. E così Leslie fece il culo a L’Uomo Più Duro Della Contea Di Fayette. Il motivo era che L’Uomo Più Duro Della Contea Di Fayette usava un linguaggio volgare di fronte alle donne.

Chiesi a Ruby: «Quanti anni aveva Leslie all’epoca?»

Ruby ci pensò su e poi disse: «Undici».

C’erano anche dei cugini. C’era mia cugina Bonnie, che aveva avuto un bambino da un uomo di nome Ernie. Ed Ernie era stato in prigione e si guadagnava da vivere con i combattimenti tra galli. Una volta li incrociai da Pizza Hut e vidi Ernie che teneva il piccolo Paul tra le braccia mentre lo schiaffeggiava sul viso. CIAF. CIAF. Lo stava picchiando forte. Da Pizza Hut erano tutti inorriditi, perché lì c’era il piccolo Paul e non stava piangendo per gli schiaffi. Stava ridendo.

Il piccolo Paul rideva perché amava essere preso a schiaffi in faccia. 

MA ASPETTATE!

C’è una cosa che non saprete mai di mio zio Nathan. Non saprete mai quanto fosse amorevole. Non saprete mai quanto fosse pieno di vita.

Mi misi a guardare le foto dei miei zii, tipo lo zio G. Mio zio G cercava di uccidersi in continuazione, ma qualcosa andava sempre storto. Una volta lavorava in una fabbrica su al nord e viveva sul lago Erie. Comprò una barca, un fucile e dei proiettili, e un sabato mattina decise di uscire in barca e di togliersi la vita. Disse addio a tutti i suoi amici e comunicò a sua moglie che quella era la fine. Aveva abbastanza fegato adesso. Voleva che le persone sapessero che stavolta ci sarebbe riuscito. Così pulì il fucile e uscì in barca. L’aveva tirata a lucido proprio il giorno prima. Accese il motore e arrivò al centro del lago. Si mise seduto a guardare l’acqua che splendeva e pensò alla sua vita. Sentiva che quella era la fine. Tolse la sicura, si mise la canna del fucile in bocca e premette il grilletto. Non accadde niente. Era ancora vivo.

Aprì il fucile e vide che non era carico. Quando lo aveva pulito, aveva tirato fuori i proiettili e li aveva lasciati sul letto. Merda.

Portò la barca verso casa e sentiva che le cose erano cambiate. Non provò mai più a togliersi la vita.