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immagine copertina cereali al neon

Cereali al neon (estratto, capitolo 1)

(Primo capitolo del libro “Cereali al neon: cronaca di una mutazione” di Sergio Oricci,
pubblicato da effequ. Ulteriori informazioni qui.)

Chiuso in una bara di plexiglass, il peso del visore sugli zigomi. Sassolini di musica elettronica lanciati in un oceano di linee rosse e arancioni. Galleggio solitario in un universo in wireframe. Avanzo sui binari ma non mi sono mai sentito così libero, mentre la musica accelera e si articola dentro e poi fuori da me.
Il corpo si espande e si contrae al ritmo di questa città fatta di poligoni nudi. Disegno fiori che si dissolvono in polveri luminose. Riesco a prendere qualche power up, oltrepasso le prime due sottozone. Le frequenze basse e medie attraversano la poltrona trance vibrator su cui sono disteso e raggiungono la seconda pelle, che sembra cellophane, e che mi avvolge lasciando scoperti i piedi. Sudo e sento caldo dappertutto, tranne che alle estremità: quelle sono gelate.
Ora l’hud mi dice che mi sono evoluto. Vedo la scritta SECOND FORM, ma non serve, me ne accorgo da solo che sono cambiato. Piramidi traslucide e sfingi evanescenti mi scorrono a destra e a sinistra, le frequenze basse si fanno incalzanti, minacciose. Riesco a oltrepassare un altro livello di sicurezza, cracko password e getto acqua informatica sui firewall fino a spegnerli e ridurli in fumo. Poi di nuovo la sensazione che precede un cambiamento: la carne si contrae e per un attimo sono bambino, o un nano. La trasparenza è solo un ricordo, e mentre i colori martellano leggeri, il corpo si allunga di nuovo e diventa liquido, denso e pesante come mercurio. Non mi si può più guardare attraverso.
Vedo due sfingi più grandi delle altre. Mi ricordano l’Oracolo del sud. La seconda pelle sfrega sulla prima, cerco di divincolarmi da me stesso ma è impossibile. Mentre supero i guardiani evitando che mi inceneriscano, penso per un attimo a chi è fuori, a cosa vede di me e a quale me sia più interessato. Vorrei che qualcuno desse un pugno sulla scatola in cui sono, ma che lo facesse a tempo, senza sbagliare.
Un corridoio mi inghiotte e vedo graffiti di tanto tempo fa. Dopo solo buio e caratteri fosforescenti.

Intruso individuato
Emergency
SHUTDOWN
Initializing Earth [Tera].BIN

Il sistema sta provando a inglobarmi. I muscoli si irrigidiscono tutti insieme. Ho un’erezione. L’idea di essere dentro di lui mi eccita, ma è solo un attimo, perché davanti mi trovo già il boss del primo livello. Ha l’aspetto di una sfera, fatta di tanti pannelli rettangolari. È attraversata da filamenti che la penetrano da parte a parte. Il mondo è blu e suona techno. Colpisco i pannelli e decine di piccoli orgasmi vocali riempiono il cielo di linee bianche, punti e cori dorati e adolescenziali, e mentre lo riempiono svuotano il boss dai pannelli e lo spogliano. Ora la sfera non c’è più, ci sono gli spigoli: è nuda, ci sono i punti sensibili, deboli, nudi anche loro. È lì che devo sparare se voglio sconfiggerlo, è sempre lì che bisogna sparare se si vuole avere la meglio. Gli orgasmi aumentano e i piedi sono ancora più freddi, il cazzo fa male perché è duro e si è incastrato nella prima e nella seconda pelle. La poltrona vibra quasi troppo e quel quasi è difficile da sopportare. Vorrei esplodere ma REZ mi tiene lì in massima tensione senza farmi venire. La bava alla bocca, la vista che trema, l’aria che si fa umida e difficile da mandare giù. È più forte di qualsiasi I-doser che abbia provato, e loro mi guardano ma io non vedo nessuno. Vedo il boss, che intuisco si chiami Earth [Tera], ma forse solo Earth, o magari solo Tera. E lo sento, lo sento davvero. Adesso non sono più io a cambiare, ma lui: non è più sfera e non è più spigoli, ma tentacoli, tentacoli che corrono verso di me come montagne russe e si frammentano in lame che girano e tagliano il vuoto poligonale, finché i piccoli orgasmi non le frantumano e le fanno sparire. I proiettili di energia colpiscono, colpiscono, colpiscono, e alla fine la musica diventa trance, incalza, accelera ancora, le frequenze alte dominano il resto. Un’esplosione elettrica, stilizzata. Il boss è sparito, il campo visivo è completamente bianco, e anch’io sono bianco.

Poi tutto torna blu, e io sono ancora mercurio antropomorfo.

Area 1 log-out

Mi rilasso e controllo. Passo le mani sull’inguine: non sono venuto e non mi sono neanche pisciato addosso. Il silenzio improvviso e la cecità hanno trasformato il corpo di mercurio in un flaccido ammasso di essere umano. Vorrei collocare questa esperienza in un punto preciso, ma non ci riesco. Cerco di restare rilassato anche quando ricomincia la musica. Devo arrivare in fondo. Lo devo a REZ.

La seconda area è molto viola.
Ho il fiato corto. Affronto gigantesche serrature a combinazione. Sono casseforti? Porte blindate elettroniche mi sbarrano la strada e cercano di impedirmi di avanzare.
Nuoto nell’aria elettromagnetica evitando coralli vettoriali e appuntiti. Di tanto in tanto il ritmo si fa drum and bass e mi viene voglia di ballare. Ma sono i proiettili di energia mentale che trasformano il beat, e presto sono così tanti che per il boss non c’è più niente da fare. Resta il silenzio. La cecità.

Area 2 log-out

Scopro di essere un hacker qualsiasi, in viaggio per incontrare un’intelligenza artificiale problematica. Triste, disadattata, nevrotica, forse con tendenze suicide. Devo renderla felice. Ma come? Sono dentro un sistema informatico corrotto. Deformato. Da lei? È instabile, arrabbiata.
Sono anche dentro un corpo, che è dentro una seconda pelle di cellophane, dentro una bara di plexiglass che sta dentro un edificio bianco. Nel corpo, nella seconda pelle e nella bara ci sono solo io. Nell’edificio c’è tanta gente. O forse se ne sono già andati tutti. Il pensiero torna ancora a loro: sono qui per me, ma non soltanto, sono qui anche per Eden, adesso.
Non ho difficoltà a comprendere gli interrogativi di Eden. Neanche io sono così sicuro di essere. E meno ancora sicuro di dove mi trovo. Sono in cinque posti contemporaneamente. E sono solo un misero, piccolo, squallido umano. Lei, Eden, è un’intelligenza artificiale sovraccarica di informazioni.

L’area 3 è verde. È un livello caldo e umido con stelle cadenti che schizzano come elastici attraverso templi elettronici e foreste di pietra. I piccoli virus a forma di virgola non sono più che un leggero fastidio, ormai. Li disintegro uno dopo l’altro fino a evolvermi di nuovo.

Ora sono rosso e fluttuo in posizione meditativa, ma resto pochissimo nella quarta forma evolutiva, perché sono così forte che ci metto niente a eliminare chi vorrebbe fermarmi qui.

La quinta forma non è neanche più umana. L’immagine residua di me è soltanto un vago ricordo sciolto in un’acqua di cui non ricordo la consistenza. Sono una perla elettrica, nera, con attorno una membrana impazzita. Più simile a una cellula, a un uovo, che a quel sottoprodotto della specie a cui, da qualche parte, ancora appartengo. Arrivato a questo punto, elaborare pensieri pseudoumani non ha senso.

Mi risveglio in padmasana molto più avanti. Una creatura fatta di cubi sta scappando da me, le vado dietro lungo un corridoio giallo. Mi sembra di sentire una chitarra elettrica, e sotto il martello del beat che sempre più forte, fino all’esplosione.

Area 4 log-out

Galleggio nel brodo primordiale.
Le forme di vita giovani evolvono costantemente per sopravvivere.
Creature vermiformi escono da un suolo che ha l’aspetto di un elettrocardiogramma sbiadito.

Alcune ci riescono, altre no. Tutte le forme di vita fluiscono e rifluiscono come le maree.

Anch’io sono sott’acqua, privo di un’aria a cui manca solo un odore per essere perfetta. Quando torno su, alberi stilizzati svettano in mezzo al nulla. Il cielo sembra il fondo di un relitto, ed è allora che mi accorgo di non essere mai riemerso.
Cielo.

Estinzioni di massa, onda dopo onda.

Incontro cadaveri di giganteschi mammiferi e mi viene da piangere.

Ma le nicchie vuote vengono sempre riempite di nuovo, velocemente.

Erba, colori, come non ne avevo mai visti prima. Mi pare di scorgere persino dei cavalli.

Fino al giorno in cui ci sarà la prossima grande migrazione.
Quando noi lasceremo questa esistenza per cercarne un’altra.
E il viaggio inizierà da capo.

La vedo: è bellissima, completamente bianca. Guarda verso il cielo, verso l’arcobaleno, immobile.

Tengo dentro di me la memoria di tutto ciò che è passato.
Chi sono io?

Tremo fino a sentire la carne uscire fuori dalla pelle. Due corpi non basterebbero per contenermi, adesso. Colpisco a ripetizione in preda alle convulsioni. Nemmeno io so più chi sono. Penso all’universo elettronico e al mio avatar in wireframe. Penso a Eden, e all’altro me stesso chiuso nella bara di plexiglass. Alla testa appesantita dal visore.
Quando colpisco per l’ultima volta, Eden prende vita. Si stringe le braccia attorno al corpo, guarda la luce iridescente dell’arcobaleno sopra di sé. Io le sono davanti. Per un attimo mi chiedo se sia davvero una donna, o se sono io a volere che lo sia. Voci, luci, colori. Allungo la mano per sfiorarla, ma lei non c’è già più.
Titoli di coda.

È solo l’inizio. Lei ancora giace intrappolata nel sistema.

Era una donna, lo era davvero.
La poltrona smette di vibrare. La bara di plexiglass viene aperta da qualcuno, e sento l’aria calda avvolgere i piedi ghiacciati. Non ho la forza di muovermi. Mi sfilano il visore. Non vedo niente, accecato da un mondo privo di musica e di magia. Mi tirano fuori dall’acquario. Non tocco terra con i piedi, sono sorretto da braccia abbastanza forti per tenermi su. Riesco a malapena a riconoscere una sagoma scura davanti a me. Le vomito addosso.

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Sergio Oricci (1982), cresciuto a Firenze, vive a Cluj-Napoca in Romania. Suoi articoli e racconti sono apparsi sulle riviste Osso, In fuga dalla bocciofilia, Crapula club, Cattedrale, Split, Tuffi, Altri Animali e nell’antologia Odi. Quindici declinazioni di un sentimento (effequ 2017). Con la Ventizeronovanta di Tommaso Labranca ha pubblicato il romanzo Bianco Shocking (2014). Visita questa pagina per ulteriori informazioni su Cereali al neonhttps://www.effequ.it/cereali-al-neon/

Estratto da “Cereali al neon” di Sergio Oricci, effequ 2018