2 poesie
Opiorfina
C29H48N12O8
Il tuo corpo
è un animale stanco
la sua sete il battito
che trascina.
Un muro corre
al tuo fianco –
ha muti segni
e ti somiglia:
porta addosso
sottile uno spacco.
L’usura del tempo il tempio bruciato
non fa paura la paura
è tua figlia.
“Cos’è?”
Agita bene
prima dell’uso. Non bere.
La sete è un buco.
Si applica ai vetri;
spinge secca la lingua,
– lungo gli alveoli –
è imprudente sostare.
C’era da prima –
“ne siamo affetti, compare”.
Hai polsi stretti,
poche lische da estrarre.
Ascolta.
SALTARE I BOTTONI
LEVARSI IL VENTO
GETTARE LE USTIONI
SUL PAVIMENTO
Una mosca che sbatte.
L a fa ran no a pez zi:
intralcia con l’urto l’intonaco,
il suo cedimento.
D’un colpo è fatto una finestra aperta
il nostro passaggio nessuna via
d’uscita.
SALVARE GLI ANZIANI
LEVARSI GLI ELMETTI
GETTARE LA FUNE
DAI TETTI
“E dai tetti saliva
prolisso un lamento
di cuore intasato
di stenti, dai tetti
S-A-L-I-V-A!”
Il tuo corpo
è un animale strano
da parte a parte
accoglie lo sparo.
La sete è un buco.
Ci infili le dita.
* Scoperta nel 2006 dai ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi, l’opiorfina è un oppiode endogeno presente nella saliva umana; ha un potere analgesico sei volte maggiore rispetto alla morfina.
UNICUM
- segni estratti a macchina
dietro le labbra; - filo di rame che scende:
scrive il dramma; - sbava.
Intenti all’operazione
più piccola e rapace,
i nostri musi spengono
i flutti accidentali.
Persi come mulinelli
in lunghi acquazzoni,
lavarsi con lo stesso
fluido incorporeo.
Un rifiuto non va dichiarato:
è un muscolo pronto
alla sparizione.
Perseo fu il taglio
a ridosso del nome,
lo zigomo; il salto
è suono laminale,
alibi che soggiace al moto
nella cavità orale.
Un pasto equilibrato:
scioglie il nervo
il veleno, stacca
la scorza dura dal seno.
Incolume per nascita,
ascendente, postura:
l’animale mai grasso
– concesso alla fame –
ha mimica errata.
Un’altra faccia.
Rifiuta nella smorfia
il boccone.
L’infarto scava solchi
per batterci sui tempi;
spegne l’impulso
alla derivazione.
Siamo il precipitato
ritmico del mare.
L’unicum, l’abbaglio.
Perseo lanciato a indagine:
allarme mitico
senz’articolazione.
Luce sullo stomaco –
mentre noi, vuoti,
distratti in punti rapidi,
puntuali, mostriamo la lingua:
dilaga a vista,
medusa gastroenterica
con poche braccia.
Presso la riva Andromeda è risposta
denti e fughe d’aria lenta, spinta avanti
fanno risacca. verso i crinali umidi.
Musa, stringa libera,
separa nubi e canicola:
gesticola.
Ci si para innanzi
– recita esausta –
uguale a se stessa.
Legata, come il suono,
all’onde:
- si sporge;
- inciampa;
- esplode.
Unicum
‹ùnikum› s. neutro lat.
- Esemplare unico in bibliografia, filatelia, numismatica, ecc.
- estens. Avvenimento, fenomeno che si verifica una sola volta
- Amaro ungherese a base di piante medicinali
Elena Cappai Bonanni (Cuorgnè, 1996), laureata in Lingue e Letterature Moderne presso l’Università di Torino con una tesi sulla poesia e sul teatro surrealista in ambito ispanico, scrive poesie in italiano e spagnolo tendenti a un surrealismo a tratti insurrezionale, che si spinge a definire “insurrealismo”. Nel 2018 Chance Edizioni ha dato alle stampe la sua opera sperimentale Askatasuna, presentata lo stesso anno al Salone Internazionale del Libro di Torino. Dal 2019 fa parte del progetto di spoken word Spellbinder; è inoltre redattrice per Neutopia – Rivista del Possibile nella sezione di poesia.