PostPorno (estratto)
(Un estratto dal saggio “PostPorno” di Valentine aka Fluida Wolf, pubblicato da Eris Edizioni nella collana BookBlock. Il libro ricostruisce la storia del Postporno raccontando come, attraverso performance in luoghi pubblici, produzioni video e sperimentazioni, questo abbia messo in crisi la pornografia mainstream, accogliendo una grande diversità di corpi, pratiche, desideri. )
L’irruzione del Postporno
“Un altro porno è possibile”
Il Postporno si presenta come fenomeno fluido, che sfugge a categorizzazioni e definizioni univoche, e non vuole presentarsi come “movimento”. Ogni tentativo di dare del Postporno una definizione precisa si rivela fallimentare e il Manifiesto Postporno è chiaro in questo senso: «Definire il Postporno è un esercizio tanto assurdo come cercare di dare una spiegazione chiara, generale e molto al di sopra della sessualità di ogni persona.» Sono l* stess* protagonist*che scelgono di definire il loro attivismo “postporno”, partendo da se stess*, narrandosi dall’interno, raccontando il proprio corpo e i propri desideri, sfuggendo a qualsiasi etichetta e rivendicando l’essenza anticapitalista della postpornografia.
Il termine fu coniato nel 1990 dall’artista olandese Wink van Kempen per un nuovo show di Annie Sprinkle: Post Porn Modernist. Il momento ancora oggi ricordato come il culmine dello spettacolo è la celeberrima performance dal titolo A public cervix annoncement, che consisteva in una pubblica esposizione della cervice di Annie. Sorridente, seduta perfettamente a suo agio su una poltrona, Annie apriva le gambe, inseriva uno speculum nel canale vaginale, spiegava perché stava mostrando la sua cervice e invitava le persone del pubblico a salire sul palco e dare un’occhiata dentro di lei con una torcia. I commenti erano per lo più di stupore, gratitudine, curiosità e molto divertiti, perché era la stessa Annie a incoraggiare questo tipo di attitudine rilassata. È di nuovo Paul B. Preciado a fornirci una chiave di lettura di questa performance. In un’intervista per Parole de Queer commenta:
Ironizzando allo stesso tempo sui codici visuali della medicina e della pornografia tradizionale, Sprinkle avverte coloro che si apprestano a vedere il suo utero: “Volete vedere sempre di più, guardate, ciò che state vedendo è veramente il sesso”. L’unica cosa che vedranno gli insaziabili spettatori, con l’aiuto di una torcia, sarà un canale rosato e il riflesso lampeggiante della luce al fondo dell’utero. In questo modo, Sprinkle riconduce all’assurdo l’imperativo di massima visibilità del sesso femminile imposto dalla pornografia tradizionale. Sprinkle ci insegna che la pornografia produce la verità del sesso che intende rappresentare: si tratta di un genere cinematografico di finzione fatto di codici, convenzioni rappresentazioni normative… la cui narrazione dominante è costruita per soddisfare lo sguardo maschile eterosessuale. Sprinkle ci domanda: Qual è il corpo rappresentato dalla pornografia? Perché e per chi appare come eccitante? Quali sono i limiti della rappresentazione pornografica? Cos’è ciò che quando viene rappresentato ostacola l’eccitazione?
Sono queste e molte altre le domande che continueranno a guidare Annie Sprinkle e chi nei decenni successivi si unirà a lei nella decostruzione dell’immaginario pornografico convenzionale e che porteranno alla realizzazione di un nuovo modo di intendere e fare pornografia.
La geografa e attivista queer Rachele Borghi, del collettivo Zarra Bonheur, nel suo fondamentale articolo dal titolo Postporno. Questo porno che non è un porno, considera A public cervix announcement un momento di rottura esplicita:
Sebbene sia difficile determinare con esattezza una data di inizio di una produzione Postporno propriamente detta, si può affermare che A public cervix announcement segna definitivamente il passaggio dalla produzione di un porno mainstream a quella di un porno connotato politicamente e con obiettivi di impatto/cambiamento sociale. Questa performance, infatti, racchiude in sé molte delle caratteristiche che possono essere attribuite al postporno: caduta definitiva della divisione tra pubblico e privato, uso dell’ironia, rottura del binomio soggetto/oggetto, eliminazione del confine tra cultura alta (quella artistica) e bassa (pornografica), coinvolgimento degli/delle spettatori/ spettatrici, condivisione pubblica di pratiche collocate nella sfera del privato, denuncia della medicalizzazione dei corpi, rovesciamento e messa in discussione del rapporto sesso/sessualità, uso di protesi (lo speculum in questo caso).
L’intento dichiarato della postpornografia è insomma quello di smascherare i codici della pornografia convenzionale, maschilista, razzista e abilista (che discrimina le persone con disabilità) e sovvertirla, sessualizzando lo spazio pubblico, dando voce e dignità sessuale a tutti quei soggetti esclusi, marginalizzati e umiliati da essa. L’obiettivo esplicito della pornografia convenzionale è d’altronde sempre stato quello di produrre eccitazione nello spettatore (il maschile singolare è voluto) fornendo una rappresentazione di corpi, possibilità e pratiche limitate ma continuamente reiterate, una codificazione della sessualità: lo stabilirsi di una norma e quindi di cosa sia lecito e cosa non lo sia, cosa sia “normale” e quali debbano essere i nostri desideri, affermandosi di fondo come ideologia. Naturalizzazione, omologazione, normativizzazione. Niente a che vedere con un discorso di liberazione. Per anni ci è stato fornito un unico immaginario sessuale che ha avuto un imponente e drammatico effetto culturale stabilendo il limite delle nostre possibilità, ingabbiando corpi e portando a desideri indotti; la pornografia mainstream è un dispositivo di potere culturale, sociale e politico facile da smascherare ma difficilissimo da smantellare, per la sua capacità di radicarsi e sedimentarsi.
Quali sono i corpi degni di provare e provocare piacere? Quali sono i corpi desiderabili e quelli che hanno dignità sessuale? Quali corpi vengono rappresentati e quali sono esclusi dalla rappresentazione sessuale o trattati come soggetti passivi della rappresentazione? Quali sono le pratiche ammissibili e quali non, e su quali basi vengono stabilite?
Se prendiamo in esame una tipica scena di un porno tra gli anni ’70 e ’80, noteremo sempre un certo tipo di impalcatura: rapporto eterosessuale con attori e attrici bianchi e cisgender (termine che denota concordanza tra la propria identità sessuale e il sesso assegnato alla nascita), netta divisione tra maschile e femminile, rimarcata dalla rappresentazione di corpi fortemente sessualizzati e dall’imposizione di ruoli definiti: la donna è lì esclusivamente per dare piacere all’uomo e spesso per essere degradata, ha sempre un ruolo passivo, il suo godimento non è contemplato, c’è una prevalenza di rapporti penetrativi e il finale corrisponde sempre con l’eiaculazione dell’uomo, spesso in faccia alla donna, per rimarcare il rapporto di dominazione. Laddove sia presente una variante a questo schema – ad esempio la presenza di uomo non bianco o nero – il fine non è una rappresentazione positiva, ma la riaffermazione della dominazione culturale e politica del piacere maschile eterosessuale bianco. In particolare l’uomo non bianco o nero nel porno mainstream è stato a lungo ricondotto all’idea dell’“uomo-animale dagli istinti selvaggi incontrollabili e il pene enorme”, una rappresentazione razzista e colonialista.
La postpornografia – vista anche come la concretizzazione delle teorie queer – vuole mettere in crisi tutto questo. Tutti quei corpi che erano solo e sempre stati rappresentati come oggetti abietti della rappresentazione pornografica divengono soggetti. Donne, lesbiche, gay, trans, minoranze sessuali, devianti, corpi non bianchi, non binari, intersessuali, corpi deformi, persone disabili, malati oncologici, puttane, travestiti, corpi mutilati, ora sono al centro della rappresentazione e, solo con la loro presenza, fanno saltare tutti i codici narrativi ed estetici: «A partire da questo momento, le donne e le minoranze si riappropriano del dispositivo pornografico e delle sue tecnologie di produzione e di rappresentazione e piacere per mettere in discussione lo sguardo dominante» (Preciado).
Rendono visibili i loro corpi, e le loro sessualità e non sempre con l’intento di produrre eccitazione, che spesso non è l’obiettivo primario. Il Postporno non è quindi la rinuncia alla rappresentazione della sessualità, ma la volontà di proporre nuovi immaginari, dando rappresentazioni dissidenti dalle norme e dai codici imposti. Gli obiettivi possono essere molteplici: critica politica, sociale e culturale, intento didascalico o umoristico, centralità della narrazione o assenza di essa, mero esercizio stilistico, ecc. Si tratta di una pornografia sperimentale, autoprodotta nel segno del diy autodistribuita e che vedrà nei festival e nelle iniziative autogestite il suo principale canale di diffusione, che nei primi anni 2000 fiorirà soprattutto in Spagna.
La collana:
BookBlock è una collana di saggi: piccoli strumenti di autodifesa culturale che introducono temi chiave del mondo in cui viviamo, punti di partenza verso un approfondimento più strutturato o focus specifici su tematiche che il lettore già conosce. Ogni titolo di questa collana è uno strumento per interpretare la realtà, per immaginare e intraprendere percorsi diversi da quelli canonici e provare a pensare fuori dalle narrazioni imposte. BookBlock nasce per dare spazio a quelle voci che esplorano, con riflessioni attuali, temi chiave della contemporaneità. Si tratta di saggi brevi, di 70 mila caratteri al massimo, pensati per stimolare riflessioni nuove o consolidare conoscenze pregresse. In fondo a ogni libro, le autrici e gli autori consiglieranno sempre libri, video, film e strumenti vari per approfondire l’argomento trattato.
https://www.erisedizioni.org/catalogo/bookblock-saggi/
https://www.erisedizioni.org/prodotto/postporno-valentine-aka-fluida-wolf/
L’autrice:
Valentine aka Fluida Wolf è una drag-bitch transfemminista, antifascista, attivista postporno e traduttrice militante. Nata a Londra, classe 1984, ha vissuto tra Inghilterra, Italia e Spagna. Ha collaborato con le case editrici Golena Malatempora e Odoya come traduttrice. Da anni porta in giro per tutta l’Italia e l’Europa laboratori sull’eiaculazione per vagine e ha collaborato con le registe Morgana Mayer e Julia Ostertag. Postporno, edito Eris Edizioni, è il suo primo libro.
Instagram: @Valentine_aka_Fluida_Wolf
La copertina e il progetto grafico del libro sono opera di Gabriele Munafò.